venerdì 25 maggio 2012

Lecce, candidata a Capitale Europea dei Giovani, con un sindaco inappropriato


Lecce si candida a diventare la Capitale europea dei giovani nel 2015, grazie all’iniziativa “Capitale Europea dei Giovani (EYC)”.  Il titolo di Capitale europea dei giovani viene assegnato ad una città Europea per il periodo di un anno, durante il quale verrà data la possibilità di promuovere programmi in favore dei giovani ed il territorio.

Il Servizio Politiche Giovanili del Comune di Lecce sosterrà ciò anche per favorire l’ accesso al lavoro con particolare attenzione all’imprenditoria giovanile. “Lecce Capitale Europea dei Giovani? Why not! - si legge nella nota ufficiale diffusa dal settore Politiche giovanili del Comune di Lecce - A ben pensarci abbiamo proprio tutto: una cultura fiorente, una posizione geografica che ci rende frontiera e allo stesso tempo ponte tra l’Europa e il mediterraneo, le energie esplosive dei giovani che animano il territorio con eventi, idee, azioni, e, perché no, reazioni. La candidatura della Città di Lecce a “Capitale Europea dei Giovani 2015” intende anche promuovere la nostra Città come un luogo dove si rappresenta il sistema regionale delle eccellenze nelle politiche giovanili, in cui i giovani sono una risorsa, un talento, energia pura e serbatoio di idee innovative: l’oro del Salento e della Puglia.”

E' vero che ciò rappresenterebbe una grande opportunità per auspicare lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile, delle politiche sociali e dell’associazionismo; d'altra parte non mancano le contestazioni di chi vede tutto ciò un semplice pretesto pubblicitario, “l’organizzazione di demagogiche e populistiche adunate, a poche settimane dalle elezioni”, come afferma il consigliere Wojtek Pankiewicz.

Proteste che non si fermano a maggior ragione, e che fanno nascere un po' di incertezze, nel momento in cui la città di Lecce si ritrova candidato alle elezioni
l'ex sindaco Paolo Perrone, che sorprendentemente riafferma la sua carica con un consenso schiacciante del 64,3% dei voti.

Il problema nasce quando quest'ultimo ha usato sul web, in maniera “ironica”dice lui, un manifesto elettorale non poco opinabile.



E' giusto che i giovani vengano considerati “motore per far ripartire Lecce, l’Italia, l’Europa” (come conclude la nota), ma con un sindaco così?!

mercoledì 23 maggio 2012

Lettera a Repubblica.it e al suo "colonnino infame"

   
Facebook a volte serve a qualcosa, e in questo caso l'utilità sta nell'aggregazione e condivisione di idee. Per questo motivo faccio parte di un gruppo chiamato “La pubblicità sessista offende tutti” e proprio al suo interno è nata un'interessante iniziativa, grazie soprattutto all'impegno di Annamaria Arlotta: scrivere a Repubblica per protestare contro il “colonnino infame”. Quest'ultimo è il famoso spazio "gossippario" in cui le protagoniste sono rigorosamente le donne patinate del mondo dello spettacolo e, soprattutto, le loro "qualità fisiche", esalatate e riproposte all'ennesima potenza.
Oggi, 23 maggio, ad esempio, le star indiscusse sono Belen, Bar Rafaeli e Cameron Diaz.
Per fermare questa banalità non sono state solo inviate lettere di disappunto ma anche la proposta costruttiva di sostituire le protagoniste con storie, interviste, faccie di ragazze e giovani donne, le cui vite sono interessanti non per il proprio fisico ma per i progetti e gli impegni validi
che portano avanti.
Vi ripropongo quindi la lettera, già inviata, nella quale sono inseriti articoli riguardanti donne così forti da espugnare il "colonnino infame". Almeno questo è quello che spero.

Gentile dott. Mauro,

le scriviamo per invitare la sua redazione a prendere una posizione progressista nella rappresentazione della donna di oggi, inserendo tra gli articoli resoconti di vite di giovani donne la cui professionalità non abbia nulla a che fare con gli ambienti dello spettacolo e della moda.

Le storie di donne che il suo giornale racconta riguardano per lo più figure di attrici, cantanti e modelle: fisico attraente e glamour costituiscono un elemento di attrazione per il lettore. Ma il costante ricorso alla scorciatoia del sex appeal fa sì che le altre figure di giovani donne dalla vita interessante e il cui impegno non ha nulla a che fare con l’apparire siano completamente ignorate. Ne consegue che nell’immaginario collettivo si rafforza lo stereotipo della figura della donna il cui valore poggia sull’essere bella, ricca e famosa.

Vi invitiamo a considerare l’idea di pubblicare articoli che trattino delle “altre” giovani donne che conducono una vita interessante. Recentemente su Repubblica D è apparso un articolo su alcuni giovani ricercatori che studiano i coralli alle Maldive: intervistando una di quelle ragazze si potrebbe offrire lo spaccato di un’esperienza diversa dal solito e affascinante.

In pubblicità, nei video musicali, in televisione, nelle notizie di cronaca degli ultimi anni, perfino nelle ricerche di immagini su Google il modello femminile è talmente incentrato sull’aspetto esteriore che pensando alla parola “donna” dobbiamo tutti sforzarci per immaginare vite e carriere brillanti basate su un forte impegno a livello di studio e di sacrifici.

Poiché nessuno ne parla, è difficile anche trovare delle fonti. Di seguito presentiamo alcuni spunti, dalla ricercatrice di fama che ha deciso di tornare in Italia alle ragazze che studiano all’estero:

http://www.viviateneo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1369&Itemid=12&noimg

http://www.voglioviverecosi.com/index.php?appuntamenti-periodici-con-esperti-di-cambiamento-lavoro-investimenti-all-estero-viaggi_267%2Fstorie-racconti-testimonianze-e-interviste-a-donne-che-hanno-cambiato-vita_521%2Ffare-un-master-all-estero-in-scienze-sportive-universit-di-lund-svezia_1019%2F

http://www.voglioviverecosi.com/index.php?appuntamenti-periodici-con-esperti-di-cambiamento-lavoro-investimenti-all-estero-viaggi_267%2Fgiovani-che-studiano-esplorano-lavorano-o-vivono-altrove-di-giulia-rinchetti_943%2Fstudiare-all-estero-con-intercultura-camilla-lozza-finlandia_1016%2F

Altre idee: esaltare la capacità di inventiva e l’originalità, come in questo esempio di gestione di una falegnameria di successo:
http://www.informagiovani-italia.com/falegnameria_femminile.htm#ixzz1lnPOnQtj

Siamo certi che riuscireste comunque voi ad individuare le esperienze più affascinanti da riportare.

Ci auguriamo che considererete la nostra proposta con interesse e vorrete contribuire a formare una visione della donna di oggi rispettosa della ricchezza della sua persona.

Ringraziamo dell’attenzione e restiamo in attesa di una vostra risposta.

Annamaria Arlotta
Fanio Giannetto
Marina Convertino
Alessandra Stacchini
Adriano Colafrancesco
Caterina Mion
Margherita Fina
Daura Sorrentino
Domenico Levi
Vittoria Pagliuca
Barbara Giorgi
Rosi Guerino
Enrico Serpico
Tommasa Bertolino
Sara Burani
Michela Bianca Enne
Chiara Saiani
Agnese Orlandini
Irene Venditti
Maria Grazia Verderame
Emanuele Ludovico Sigurtà
Lara Alexandra Babitcheff
Erica Gazzoldi Favalli
Manuela Fisichella
Gilda Sessi
Angela Firpo
Roberta Zappalà
Veronica Farris

del gruppo “La pubblicità sessista offende tutti”

http://www.facebook.com/groups/139046259478883/

mercoledì 9 maggio 2012

Chiara, studentessa e ragazza madre: “Sarebbe questo l'aiuto della Facoltà e dello Stato?”

Riporto una storia curata da me su ViviAteneo.it



Chiara è una studentessa di 24 anni, con una laurea triennale alle spalle e una laurea specialistica in itinere. Combatte ogni giorno con un pensiero in più: il futuro suo e di suo figlio di 5 anni.Chiara fa parte di quelle ragazze madri dimenticate e per nulla tutelate né dal punto di vista universitario, né dal punto di vista statale. Due istituzioni che non rispondono ad una cittadina, anzi a due. 
Ecco cosa ci ha raccontato.



Tante volte si è parlato del problema delle “ragazze madri”. Ma vi siete mai chiesti cosa comporti veramente essere una ragazza madre? Vi racconto la mia storia: sono Chiara ho 24 anni, mio figlio si chiama Stefano ed ha 5 anni. Rimasi incinta a 18 anni. Ovviamente ero spaventata perché sentivo di dover affrontare una cosa più grande di me, che non avevo programmato e che avrebbe sconvolto la mia vita. All'inizio ero molto confusa su quale sarebbe stata la mia decisione, ma, alla fine, aiutata e capita anche dalla mia famiglia, ho deciso di tenere questa creatura.

Volevo continuare a studiare perché volevo pensare al mio futuro e soprattutto a quello di mio figlio. Così, incinta, iniziai a studiare per entrare alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania. Era sempre stato il mio sogno diventare medico, forse per emulare mio padre che per me è sempre stato un medico eccellente e un padre quasi perfetto. Provai i test di ingresso per Medicina incinta di 7 mesi e, visto che comunque avevo così voglia di studiare e sapevo che entrare in Medicina sarebbe stato molto difficile, visto il numero di partecipanti ed i posti disponibili così esigui, provai anche il test per Professioni Sanitarie.

Quando uscirono i risultati ero stata ammessa sia alla facoltà di Medicina (ma nel polo di Ragusa) sia alla facoltà di Ostetricia. Purtroppo le mie condizioni non mi permettevano di spostarmi a Ragusa per seguire le lezioni, così chiesi se fosse possibile farmi seguire le lezioni a Catania per poi andare a Ragusa. Inizialmente mi dissero che non sarebbe stato un problema e che dovevo subito finire le pratiche per l'iscrizione in Medicina e aspettare che avvenisse il cambio del Preside di Facoltà, facendomi capire che la questione era assolutamente e sicuramente possibile. Così completai le carte per l'iscrizione in Medicina rinunciando ad accedere ad Ostetricia.

Ma come succede spesso e volentieri quando le cose sono solo dette e non scritte, tutto diventa relativo. Andai a parlare con il nuovo Preside, il quale pur vedendo che ero ormai quasi al nono mese di gravidanza, mi disse che non poteva creare un precedente e che sarei dovuta andare a Ragusa.

Mi sentii presa in giro, e vidi quante insensibilità c'era di fronte anche ad una ragazza che aveva avuto la forza di portare avanti una gravidanza indesiderata e che pero' aveva ancora voglia di credere nei suoi sogni e progetti. Fui molto combattuta sul da farsi, perché mi sentivo incastrata tra due fuochi: pensare solo a me e quindi affidare completamente ai miei genitori mio figlio, oppure rinunciare e stare vicino al bambino. Alla fine l'istinto materno ebbe la meglio, rinunciai a Medicina e mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, cambiando completamente strada e cercando di raggiungere un nuovo obiettivo. Era davvero un'altra vita, ma almeno sarei stata vicino a mio figlio.

Riuscii a laurearmi alla triennale in 4 anni, ed adesso sono al primo anno di Magistrale in Filologia Moderna.

In 5 anni però mi sono resa conto che le agevolazioni per una ragazza madre sono veramente inesistenti. Per quanto riguarda la prima rata delle tasse universitarie, avevo diritto solo all'esonero sul contributo regionale, cioè 70-80 euro l'anno (una vera presa in giro), ed inoltre, adesso che mio figlio ha 5 anni, non ho neanche più diritto alle minime detrazioni che avevo nella seconda rata e che si sono mostrate variabili negli anni (senza una reale spiegazione dei criteri adottati). Io mi chiedo perché devo aver diritto all'esonero fino a quando il bambino non ha raggiunto 5 anni? Dopo cosa succede? Non ho sempre a carico un bambino? Anzi più cresce più ha bisogno di sostentamento economico!

Per quel che mi riguarda, sono stata fortunata perché ho avuto sempre la mia famiglia che ha mantenuto sia me che mio figlio; ma nel momento in cui fossi stata sola e avessi dovuto lavorare per mantenermi, pur volendo ancora studiare, questa sarebbe stato tutto l'aiuto che la Facoltà, l'Università e lo Stato mi avrebbe dato? Sulla carta, dovremmo ricevere sostegni da parte del Comune di residenza e dai relativi Servizi Sociali, ma materialmente non esistono sussidi. Invece di premiare una scelta coraggiosa come questa, sembra che non si faccia altro che punire un errore. Con questo non voglio dire che sia impossibile riuscire contemporaneamente a lavorare, studiare e fare la madre, anzi ammiro molto le ragazze che, in condizioni più critiche delle mie, riescono a laurearsi, ottenere risultati a lavoro e saper fare la madre; ma quello che voglio evidenziare raccontando la mia storia, è la totale mancanza di interesse da parte dello Stato nei confronti della categoria delle ragazze madri. Invito quindi a chi come ha avuto questa esperienza di raccontarla e di combattere per i nostri diritti! In un modo maschilista come il nostro, siamo sempre noi donne che dobbiamo alzare la voce, non solo come lavoratrici ma anche come madri!”

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