lunedì 31 ottobre 2011

Un sorriso per vivere e uno per sopravvivere: il gap italiano tra le macerie di Barletta.



Qualche settimana fa passeggiavo per le strade di Delft, piccola ma bella cittadina dell'Olanda, e tra un canale e l'altro scorgo per caso un negozietto-fabbrica all'angolo della strada.

L'edificio cattura la mia attenzione perché totalmente tappezzato di creazioni delle stesse sarte: le pareti risultano quindi completamente colorate e, più di tutto, ravvivate sulla facciata d'ingresso dalle foto delle 6 donne che ci lavorano. Sfoderano un sorriso smagliante e totalmente naturale, mentre sono intente a fare il loro lavoro, cucire a maglia.

Hanno un sorriso sereno e disarmante, e non posso far altro che pensare a loro ... perchè quel sorriso è uguale a quello delle nostre 5 connazionali, le operaie morte nel crollo della palazzina di via Roma, a Barletta.

La foto che raffigura 3 delle vittime è una foto intima, personale; le ragazze infatti non sono sorprese durante il loro impiego da operaie, perché in Italia non puoi sorridere per il tuo lavoro, quello da 3 euro e 95 centesimi l'ora, tra corridoi stretti e mura fatiscenti.

Tina, Matilde, Giovanna, Antonella e Maria lavoravano in nero, senza contratto, lavoravano per sopravvivere.

E in tutto questo lo Stato non può che essere complice,
complice di un territorio poco sicuro e non controllato,
complice di un tenore di vita stentato,
complice di sacrifici immensi che non sono mai abbastanza,
complice della minima, se non inesistente, tutela delle fasce più deboli, soprattutto se donne.

Gia nel 2008 il Global Gender Gap Report 2008 , lo studio del World Economic Forum sulle disparità di genere nel mondo, sentenziava: nelle pari opportunità, soprattutto a livello economico, l’Italia si colloca solo alla posizione 83, dopo Paesi come il Botswana e il Burkina Faso.

Poco incoraggiante anche la classifica dei parametri legati alla salute, dove anche qui il Bel Paese occupa l’83esima posizione.

L'Olanda si piazza al 9° posto.

Ora non voglio fare la parte della solita italiana, con la voglia di “fuga”, sempre pronta a lamentarsi del proprio Paese in maniera distruttiva.
Ma che idee ed intenti possono nascere da un Paese che distrugge?
Che fiori possono nascere da macerie del genere?

domenica 16 ottobre 2011

Bigotta? Bacchettona? No, semplicemente Obsoleta



Da Aristotele a Charles Baudelaire le donne sono sempre state viste come esseri inferiori, incapaci ed inopportuni ad interagire con la società, la politica e la religione. Leggendo aforismi sulle donne di questi grandi nomi del passato, non posso che pensare a uomini senza fantasia.
Le cose non sono cambiate nei giorni nostri, dove grazie ai mass media e al world wide web è più semplice diffondere questo triste messaggio.

La donna obsoleta” non nasce con un intento preciso, non si aspetta di smuovere le coscienze in un Paese che necessita di una grande utopica Rivoluzione Culturale. Semplicemente si prende la libertà di esprimersi (cosa non più tanto scontata ), tentando di raccontare una donna che si sente straniera nel suo Paese e estranea ai tempi che corrono.
L'obsolescenza, dal latino ob-solere, indica lo stato in cui si trova qualcosa di vecchio, antiquato, desueto che inevitabilmente non viene più utilizzato e considerato.
Può sembrare forte accostare questo aggettivo a una persona, ma purtroppo è quello che accade nella nostra società. La donna diventa merce, una commodity come direbbero gli americani; è uno strumento usato solo per determinati scopi e settori (spettacolo, moda, casa), fuori dai quali non c'è possibilità di accesso; è soggetta a usura, a vecchiaia e per questo motivo rughe e segni del tempo devono essere eliminati per “sopravvivere”.

Sarebbe comodo fare spallucce e dire che oramai la donna oggetto è solo una patetica ossessione di femministe incallite e bigotte bacchettone, ma è un'esagerazione o un estremismo voler rivendicare la propria esistenza non come vecchi rottami da sostituire, ma come risorse di un Paese che ha ancora molto da imparare in cultura, sensibilità e umanità?
Al diavolo i politici che storpiano la figura della donna per i loro manifesti elettorali, al diavolo quelli che ne usano il sesso per soprannominare partiti deprecabili, ma soprattutto al diavolo gli economisti con ipad e cravatta, che riempiono le interviste giornalistiche di termini indecifrabili per confondere la gente.
Come disse Marx “il progresso sociale si può misurare con esattezza dalla posizione sociale del bel sesso.”

Al di là delle disquisizioni tematiche e del rinvio a celebri ed illustri, parlo personalmente di me
Una venticinquenne, una studentessa (ancora?!) quasi giurisperita, con un sogno a breve termine, forse non più mio,  trasformatosi in incubo;  ed un altro, a lungo termine, troppo lontano da poter scorgere. Una ragazza, quindi, divisa tra l'amnesia e la mancanza di opportunità.
Un bel quadro per una "giovane"! Non è così  che ci chiamano i politici, i giornali, tutti? I giovani ...
Io, parte della nuova "fascia debole protetta" (?) del XXI secolo, dico che in tutto questo, alla fine, ti ci senti un pò a pezzi. Non so se più come un vecchio televisore che ne ha visti di tutti i colori fino ad andare in cortocircuito, o semplicemente come un vecchio ferro da stiro sotto cui è ristagnato troppo calcare di chances perdute. Si, perchè essere in rovina per delle possibilità mai date è peggio di esserlo per quelle avute e sfruttate male. Una cosa è partire da 0, un'altra da -10.
Sei dentro un pacco di coriandoli, tutti vicini e messi insieme, ma in una maniera così precaria, che ogni volta che ti chiedono chi sei non puoi rispondere nè tutto nè niente. Ogni coriandolo non è mai abbastanza per rappresentarti davvero e, frantumata in quel contenitore, non resti altro che un gioco dell'aria. Ecco cosa siamo, un gioco dell'aria. Animali profondamente sociali in una società che non dà identità.

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